Altri
mondi
12 Agosto 2013
di
REDAZIONE
Proponiamo
in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la
traduzione integrale in italiano dell’articolo How
did Estonia become a leader in technology?,
tratto da The
Economist.
(Traduzione di Luca Fusari)
Quando
l’Estonia ha riconquistato la sua indipendenza nel 1991, dopo il
crollo dell’Unione Sovietica,
meno della metà della sua popolazione aveva una linea telefonica e
il suo unico legame indipendente col mondo esterno era un telefono
cellulare finlandese nascosto nel giardino del ministro degli esteri.
Due
decenni più tardi, è un Paese leader mondiale nella tecnologia.
I geek estoni hanno sviluppato il codice alla base di Skype e Kazaa
(la prima rete di file-sharing). Nel 2007 è diventato il primo Paese
ad avere una votazione on-line in una elezione politica nazionale. E’
tra le nazioni al mondo ad avere la
più veloce banda larga
e detiene il record
delle start-up per persona.
I suoi cittadini, 1,3 milioni di abitanti, pagano i parcheggi con i
loro telefoni cellulari e hanno le loro cartelle cliniche archiviate
in una cloud digitale. La presentazione di una dichiarazione dei
redditi annuale on-line, come
il 95% degli estoni fanno,
richiede circa cinque minuti. Come ha fatto il più piccolo Stato
baltico a sviluppare una cultura tecnologica così elevata?.
Le
fondamenta furono poste nel 1992, quando Mart Laar, allora primo
ministro dell’Estonia, ha rianimato
la piatta economia.
In meno di due anni il suo giovane governo (età media: 35
anni) ha dato all’Estonia una flat tax, il libero scambio, una
moneta solida e le privatizzazioni. Nuove imprese poterono essere
registrate senza intoppi e senza ritardi, un grande stimolo per i
geek in agguato.
Le
deboli infrastrutture, retaggio dell’era sovietica, han fatto sì
che la nuova classe politica avesse carta bianca.
Quando la Finlandia ha deciso di passare ai collegamenti telefonici
digitali, offrì gratuitamente le sue arcaiche reti telefoniche
analogiche degli anni ’70 all’Estonia. L’Estonia rifiutò la
proposta e ha costruito di sua iniziativa un sistema digitale. Allo
stesso modo, il Paese è passato dal non avere un catasto alla
creazione di uno non cartaceo. «Abbiamo
saltato certi passaggi … Mosaic [il primo browser web popolare] era
appena uscito e tutti erano su un piano di parità»,
ricorda il presidente Toomas Hendrik Ilves. Pur privo di
un’eredità tecnologica, i giovani ministri del Paese ebbero fede
in internet.
Fu
realizzato un progetto a livello nazionale per dotare le aule con i
computer e nel 1998 tutte le scuole erano connesse.
Nel 2000, quando il governo dichiarò l’accesso ad internet come un
diritto umano, il web si diffuse in quei luoghi remoti. La
connessione Wi-Fi è diventata comune. I timbri, la carta carbone e
le lunghe code hanno lasciato spazio all”e-government’.
Il
settore privato è cresciuto:
la vendita di Skype ad eBay nel 2005 per 2,6 miliardi di dollari, ha
creato una nuova classe di investitori estoni, che ha fatto decine di
milioni di euro dalle loro partecipazioni azionarie, mettendo la loro
esperienza e i loro ideali a buon frutto. Oggi Tehnopol, un polo
d’attività tecnologica a Tallinn, la vivace capitale del Paese,
ospita più di 150 aziende tecnologiche.
Dato
il piccolo mercato interno del Paese, le start-up sono stati
costretti a pensare globale,
dice Taavet Hinrikus, primo dipendente di Skype e co-fondatore di
TransferWise,
un servizio di trasferimento di denaro peer-to-peer,
i cui clienti sono sparsi in tutta Europa e in America. Secondo la
Banca Mondiale, più
di 14 mila nuove imprese sono state registrate in Estonia nel 2011,
il 40% in più rispetto allo stesso periodo del 2008. Le industrie ad
alta tecnologia rappresentano oggi circa il 15% del PIL.
Come
è possibile per altri Paesi, che non hanno piccole dimensioni,
seguire l’esempio dell’Estonia?
«E’
un po’ antipatico dire, ‘fate quello che abbiamo fatto’»,
spiega Ilves. Egli sostiene che il successo dell’Estonia non è
tanto nella sua eredità tecnologica, quanto nel mutamento del
“pensiero ereditato”.
Replicare, per
esempio, una procedura per la tassa sui depositi dal cartaceo al
virtuale, non va bene,
bisogna invece avere dei moduli pre-compilati in modo che il
contribuente debba solo controllare i calcoli fatti dal sistema.
L’istruzione è troppo importante: l’anno scorso, in un
partenariato pubblico-privato, è stato annunciato un programma
chiamato ProgeTiiger (‘Programmazione Tiger’), per insegnare già
a cinque anni le basi della codificazione informatica. «Negli
anni ’80 tutti i ragazzi del liceo volevano essere una rock
star, ora
tutti nelle scuole superiori vogliono essere imprenditori»,
spiega Hinrikus.
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